Rinvenute altre lettere della corrispondenza fra C. Marchesi e l’on. F. Lo Sardo detenuto.  Salvare Ciccio all’insaputa di Ciccio.

A.C.M.-Lett. C. Marchesi 27-29

Franca-Sinagra-Briscadi Franca Sinagra Brisca

Ad agosto del 1927, a dieci mesi dal sequestro notturno nella sua abitazione messinese e in attesa di giudizio al regina Coeli, l’On.le Francesco Lo Sardo scrive in alcune lettere dal carcere di aver ricevuto dall’amico Concetto Marchesi una prima cartolina con notizie di famiglia, che commenta come “il suo ricordo caro mi ha fatto molto piacere”. Poi che la cartolina è stata seguita presto da una lunga affettuosissima lettera, notizia che si trae dalla corrispondenza con la moglie Teresa, e dall’informazione del ricevimento di due opere dall’amico solidale Marchesi, tramite l’editore messinese Principato. Si legge ancora che con lo stesso mezzo editoriale, Lo Sardo a ottobre ha già ricevuto altre tre pubblicazioni da Marchesi/Principato editore, fatti che al detenuto dimostrano che il comportamento dell’amico è improntato a sollecito intervento e si prodiga in concreta disponibilità. Nelle lettere in cui dà notizia alla moglie di questi arrivi librari, le parole di Lo Sardo sono sempre improntate a <<piacere e affetto>> sentimenti che potrebbero dirsi di riconoscenza anche nell’uso di aggettivi quali <<premuroso, sollecito, caro>>.

 Fortunatamente per delineare l’intensità dell’amicizia fra i due siciliani comunisti, è stata ritrovata oggi una lettera di C. Marchesi inviata direttamente a Teresa Fazio, moglie di Lo Sardo. Questa corrispondenza  non solo  ribadisce l’antica nota amicizia e frequentazione  a Messina anche delle loro famiglie, ma rappresenta per il professore latinista, fuggitivo da quella città insieme a Manara Valgimigli e già insediatosi all’Università di Padova, un canale comunicativo alternativo di cui ha compreso la necessità anche perché la censura annera troppi righi, soprattutto, come dirà il detenuto, nella posta a estranei della famiglia e l’informazione  sulla salute contiene sempre notizie di benestare eccessivo. Dalla stessa lettera si sa che alla corrispondenza diretta nel carcere il professore ha sostituito un altro referente informativo, il nipote omonimo Francesco Lo Sardo, avvocato con studio in Roma, che cura con competenza la vicenda giudiziaria dello zio e vigila sulle modalità della reclusione. Molto significative sono le parole di sostegno alla moglie, dichiarazione di vicinanza affettiva e di considerazione positiva del valore femminile, fondata sul vissuto partecipato nei momenti più difficili della vita di Teresa, e si fa obbligo di intervento quasi parentale in supporto all’amico impossibilitato.

La condanna del Tribunale Speciale arriverà inesorabile per Lo Sardo a primavera di quell’anno e Marchesi si fa presente alla sfortunata e coraggiosa signora.   

  1. UNIVERSITA’ DI PADOVA Pisa (Via Lavagna 21)

Seminario di Filologia Classica                              3 Ottobre 1927        

Gentilissima   Signora. 

Soltanto da qualche mese ho potuto comunicare con Ciccio e ho potuto avere direttamente quelle notizie che chiedevo da un pezzo senza risultato. Io non ho mai cessato un minuto dal pensare con l’affetto più vivo e più commosso al mio diletto amico e fratello: e Lei, mia cara Signora, è stata costantemente associata nel mio pensiero. So quali tristezze Le abbia imposto il destino; so quanto bisogno Lei abbia di conforto e quanto Le fosse indispensabile la compagnia di Ciccio: e immagino facilmente come Le sia riuscito grave quest’ultimo colpo. 

Ma Lei è una donna che conosce non soltanto i dolori, ma anche le battaglie della vita: e sa perciò soffrire e combattere insieme.  Chi, come Lei, è vissuta accanto a un uomo di purissima fede, di alta coscienza e di fermo animo, deve essere certo preparata a patimenti per sé e per l’uomo che ama.
 
Io ho visto più volte sul suo viso la traccia dei vecchi dolori, ma ho visto pure il segno del coraggio e della resistenza.  Ed io, signora mia, La esorto a resistere, e a sperare bene, ad avere cura della sua salute e ad attendere quel volto benigno del destino che non potrà essere sempre cattivo. Questo io Le dico con l’affetto e la devozione più schietta e profonda. 

Ho ricevuta una lunga lettera di Ciccio, del 14 Settembre: dove appariva tutta la tranquillità e la serenità dell’animo suo. Il suo massimo pensiero è Lei: ed è giusto che sia così. Non sarà facile comunicare spesso fra noi direttamente: ma posso aver notizie dal nipote Suo, che è già per me un caro amico. Desidero essere ricordato al Suo cognato – e Lei, Signora mia, gradisca gli auguri più vivi e i saluti più affettuosi e devoti dal Suo Concetto Marchesi

Negli ultimi giorni di dicembre del 1928 Lo Sardo è giunto a Sassari per scontarvi la pena definitiva di otto anni ricevuta dalla condanna in primo grado.  Egli nello scrivere non scrive più interamente il nome dell’amico ma solo le iniziali e fa a Teresa una richiesta che chiarisce l’ansia per la censura persecutoria nelle lettere non parentali: “Se C.M. vi ha chiarito come ha spedito la lettera che il Direttore mi ha consegnata nei primi giorni della mia permanenza in questa e che mi ha detto essergli arrivata in un plico dell’Università, mi piacerebbe conoscerlo. Come pure mi piacerebbe conoscere se L. ha ricevute tutte e due le mie lettere speditegli durante il viaggio per venire qui. Insomma approfitta di questo mezzo sicuro ed insospettabile per darmi tutte le notizie che puoi e più specialmente quelle che ho richieste.

Un mese dopo, alla fine di gennaio, il 29 del 1929, mentre il marito a Sassari è in isolamento (durato tre anni in tutto), Teresa Fazio riceve una lettera da Concetto Marchesi preoccupato.

Marchesi Lo Sardo lettera 29

  1. UNIVERSITA’ DI PADOVA        Padova (Regia Università) 29 gennaio 1929

Seminario di Filologia Classica                                                    

Mia cara Signora. 

Mi disponevo a scriverLe quando fui colto da un attacco acuto d’influenza che ancora non mi lascia: e la febbre mi fa compagnia da qualche settimana. 
Perciò non ho neppure risposto a Ciccio il quale, in seguito alla mia lettera, mi mandò subito sue notizie e suoi saluti che non so dirle quanto mi siano riusciti cari e tristi insieme. Mi conferma che la sua salute è offesa: ma che tuttavia l’animo suo è privo di abbattimento. 
Comprendo bene che la fermezza dell’animo è un grande sostegno; ma la salute ha bisogno di specialissimi riguardi certe volte. Io seguito a credere che Lei farebbe bene a intervenire direttamente, senza che Ciccio ne sappia nulla, per cercare di ottenergli – in considerazione delle sue infermità – un commutamento di pena. 
L’intervento della moglie, come quello della madre, è sicuro: e non si può prestare a indegne interpretazioni.  Un saluto, cara Signora, affettu[o]samente.   

Suo CMarchesi

Nell’osservare il manoscritto in cartaceo originale, sembra che nel vergare questa lettera Marchesi abbia avuto difficoltà grafiche nel tracciare chiaramente le lettere delle parole, dove il segno è minimale, ridotto di misura al limite della leggibilità, ma per nostra fortuna la comunicazione sintattica splende in chiarezza ma perfino la firma risulta uno schizzo veloce.

C’è da chiedersi se Marchesi risenta del malessere della febbre che lo ha debilitato, oppure sia imbrigliato emotivamente dalla preoccupazione per l’amico, cosa che sembra procurargli una certa tristezza d’animo da cui si sente spinto a dare alla moglie un proprio consiglio tattico. Cosciente di comportarsi al limite della correttezza verso l’amico, ma convinto della necessità di salvarlo oltre la sua stessa caparbietà di non cedere ad alcuna trattativa, porge la proposta “senza che Ciccio ne sappia nulla”, ossia comunemente nel senso della locuzione comune <per il suo bene>, di chiedere la commutazione della pena.  Questo tipo di richiesta aveva di solito esito positivo per i politici, col trasferimento in una delle isole tirreniche, ma sarà rifiutata dal ministero di giustizia nonostante il consenso di Lo Sardo che l’approvò.  Infatti la cardiopatia e la nefrosi iniziarono a logorarne la salute.

Bisognava salvarlo dal degrado fisico e psicologico che sarebbe potuto arrivare dalla condizione dell’isolamento e dell’apparato di carcere duro in cui era stato calato il detenuto politico: taglio di barba e capelli, numero al posto del nome, pigiama a strisce, vicinanza a criminali comuni, ecc.

Negli anni ’70 del Novecento quel carcere è stato sostituito a Nuoro dal famigerato Badu ‘e Carros.   In breve, nella storia dell’ingiusta fine, si sa che da Sassari l’onorevole sarà trasferito nelle carceri di salute prima a Oneglia e poi a Turi di Bari, dove il trattamento nulla aveva di curativo, anzi il peggioramento delle condizioni fisiche nell’incuria premeditata e documentata lo condusse a morire di stenti il 30 maggio 1931 dopo un assurdo sadico trasferimento a Poggioreale.