Ringraziamo l’Amica e collaboratrice della ACMG, Franca Sinagra Brisca*, per averci dato la possibilità di diffondere questo importante documento, integralmente da Lei trascritto: Il testamento morale dell’on. Francesco Lo Sardo, manoscritto che riproponiamo fotograficamente e in formato pdf.  

Il testamento morale dell’on. Francesco Lo Sardo al Ministero della Giustizia nell’ultima lettera inviata da Poggioreale poco prima della morte.  I crimini del fascismo sono cicatrici ancora aperte: bisogna che tutti le conosciamo e agiamo perché non possano ripetersi e il 25 aprile ci insegna.  

di Franca Sinagra Brisca

Franca-Sinagra-BriscaIl documento mi è pervenuto alcuni anni fa per posta statale inviato da Simona Mafai De Pasquale il 14 ottobre 2014 in seguito all’inaugurazione della Sala-Museo dedicata all’onorevole presso il Convento dei Frati minori in Naso.  Questo lei stessa scrive nella dichiarazione che lo precede con firma autentica dell’amica Simona, che con ciò mi aveva ulteriormente onorato: “Questo documento si trovava tra le carte di mio marito, Pancrazio De Pasquale, e lo avevo poi consegnato ad Emanuele Conti. Dalle carte di quest’ultimo, è tornato a me. Lo consegno a Franca Sinagra Brisca, perché lo depositi nell’archivio Francesco Lo Sardo, organizzato presso il Comune di Naso.”  

Tutti dovrebbero conoscere la storia del terzo deputato lasciato morire dal fascismo in carcere, dopo il famoso assassinio di Giacomo Matteotti, di poco precedente la morte di Antonio Gramsci. Questa lettera da Poggioreale, ultima sosta carceraria dopo Roma, Sassari, Oneglia e Turi, racconta l’ultimo martirio che l’uomo non accetta, ma subisce l’inevitabile attacco alla propria vita fisica pur di non macchiare con l’abiura, la dignità dell’appartenenza all’ideale politico cui aveva dedicato l’impegno intero della vita stessa.

Si tratta della fotocopia di una lunga lettera manoscritta di undici fogli, datata 2 maggio 1931, firmata dall’onorevole e controfirmata dal direttore del carcere. Ritengo sia opportuno darne la trascrizione che agevoli la lettura di questa pubblicazione del documento in allegato per gli archivi della ricerca storica.

DA POGGIOREALE TESTAMENTO MORALE LO SARDO (pdf)

On-le Ministero della Giustizia    ROMA

Eccellenza,  Il sottoscritto Lo Sardo Francesco, ex deputato Comunista, condannato dal Tribunale Speciale ad otto anni di reclusione per le sue idee politiche, con la sua precedente istanza del 28 febbraio ultimo, spedita da Turi di Bari a V. Ec.za pel tramite di quella Direzione chiedeva : 1° <lo intervento chirurgico per liberarsi delle manifestazioni erniose, che, nella impossibilità di essere validamente infrenate, potrebbero sboccare in manifestazioni più gravi e richiedere di urgenza atti operatori più difficili e più pericolosi, che non allo stato presente, 2° Una visita accurata, magari a spese della famiglia, da parte di uno specialista di malattie interne, per vedere se non vi sia la possibilità, se non di eliminare del tutto, almeno di attenuare i gravissimi disturbi, che travagliano la esistenza sessantenne dello esponente.   

[pag.2°] E poiché tale operazione non si sarebbe potuta effettuare nel carcere di Turi, che per quanto Casa speciale di cura, non ha, nemmeno in embrione, una sala operatoria e dove non è nemmeno possibile fare eseguire una analisi del sangue o delle urine e per tali bisogne si deve ricorrere all’Ospedale Civile di Bari, lo esponente chiedeva di essere trasferito alla Infermeria del carcere di Napoli o di Roma per queste ragioni: << Primieramente perché tanto nell’una quanto nell’altra città è più facile trovare un valente professore di malattie interne; in secondo luogo perché lo esponente che in atto credesi in condizioni di poter sopportare una operazione chirurgica di non molta importanza, non può dissimularsi che, data la sua età di 60 anni e le malattie costituzionali che lo travagliano, anche la mia operazione di ernia, per se stessa non molto pericolosa, potrebbe avere conseguenze letali.

In tali condizioni, egli desidera essere assistito dalla propria moglie, sia per la operazione, sia per la scelta dello specialista di malattie interne, e poiché ella ha parenti tanto a Napoli quanto a Roma, così ella [pag 3°] potrebbe alloggiare presso tali parenti ed essere da loro aiutata e confortata in caso di bisogno.

Queste le richieste e le ragioni determinanti della stessa, contenute nella domanda del 28 febbraio, cui si premetteva una breve cronologia delle malattie contratte in carcere e del trattamento rigidissimo fattogli, e si faceva seguire un appello ai regolamenti e alla pratica carceraria per cui, anche senza tener conto dei trattamenti di favore fatti ad altri detenuti politici e delle dichiarazioni del presidente del Consiglio fatte alla Camera dei Deputati ed in altre occasioni, e secondo le quali << Un delitto politico avrà agevolazioni che abbiamo fatto a tutti coloro che che sono rei di delitti politici>> e facendo la ipotesi  dannata di un cardinale a un vescovo condannato per reato politico, soggiungeva: <<che meraviglia che sia trattato con riguardi che tutti i regimi hanno per questo genere di reati?>> (Vedi discorso sui patti Lateranensi in cui è ricordato il caso Torrigiani, inviato in una clinica dell’Italia centrale); si chiedeva nei termini degli attuali regolamenti, il trattamento fatto a tutti i condannati comuni. Questi infatti [pag 4°] quando non sono in condizioni di sopportare un lungo viaggio da Turi, vengono inviati all’Ospedale Civile di Bari, mentre quelli, che possono esporsi ad un lungo viaggio, vengono inviati in questo carcere di Napoli.

Per lo istante, pare si fossero trovati alla Direzione Generale delle carceri difficoltà per le spese di traduzione. Spese che si riducevano alle poche lire di indennità di trasferta ai carabinieri, perché, per quanto si riferisce ai biglietti ferroviari trattasi di una partita di giro fra l’Amministrazione della Giustizia e l’Amm.ne delle Ferrovie dello Stato.  Le richieste dello istante di cui allo esposto del 28 febbraio, sopra ricordate, venivano corroborate dal parere favorevole del medico di Turi e di quella Direzione, per quanto è stato assicurato al sottoscritto da quella Direzione. In seguito allo accoglimento parziale delle richieste suddette, lo esponente è stato trasferito in questo carcere di poggio reale, dove è giunto la notte del 9 aprile ultimo. Dpo alcuni giorni egli è stato visitato dal Prof. Lettieri in compagnia dei medici di questo carcere. Pare [pag.5°] che concordemente i tre Sanitari abbiano constatato la gravità delle condizioni fisiche del sottoscritto ed il prof. Lettieri proponeva il ricovero del sottoscritto in una casa di salute per essere, con opportune cure, meglio in condizioni di poter sottoporsi alla operazione di ernia da lui richiesta.

Alla Direzione Generale delle carceri hanno trovato antiregolamentare la proposta del Prof. Lettieri ed hanno ordinato che il sottoscritto fosse ricoverato in questa infermeria e tenuto in osservazione per qualche tempo, per decidere poi se fosse il caso di procedere alla richiesta operazione.

Le condizioni generali di salute del sottoscritto, già alquanto peggiorate dalla data della primitiva istanza, 28 febbraio, a quella della partenza da turi, 8 aprile, ed aggravatesi per il faticoso viaggio (partito da Turi alle 6 del mattino dell’8 e arrivato in questo carcere alle 8 del mattino del 9!); si sono ancora rese più gravi durante la permanenza in questa Infermeria provvisoria.

Certo V. E. non ignora che, per quanto [pag.6°] in questo carcere vi sia già pronta da oltre due anni una Infermeria moderna con sala operatoria, sala da bagno e tutti i conforti richiesti dall’igiene e dall’arte sanitaria, essa non funziona ed è invece ancora adibita ad Infermeria provvisoria una parte del padiglione napoli di questo carcere, costituita da un certo numero di celle comuni del 4°pianoe del pianterreno, con lo stesso attrezzamento delle celle per i detenuti ordinari, meno un materasso ed un cuscino di lana, unico privilegio degli ammalati. Non un panchetto per sedere, non una colonnetta per tenervi gli attrezzi, che sono, come per tutti i carcerati: una gavetta di latta, un boccale ed un bacile di terracotta!  Non un bicchiere per prendere le medicine, non una bottiglia per conservare il latte e non la possibilità di riscaldarlo e di conservarlo in fresco per non inacidirsi, ora che la stagione comincia ad essere calda. In altri padiglioni, a quello K per esempio, i detenuti comuni hanno le scodelle di alluminio, mentre alla Infermeria restano le vecchie gavette da soldati! Le vivande, che sono anche per l’Infer- [pag 7°] meria cucinate nella cucina comune, che è pure provvisoria, malgrado vi sia anche pronta, per come dicono, una comoda e moderna cucina diffinitiva, che non funziona, arrivano alla Infermeria fredde e non vi è possibilità di riscaldarle. Il “meta” concesso concesso ai detenuti a pagamento, non si concede alla Infermeria! Gli ascensori, che dovrebbero servire per  la elevazione delle vivande e la più sollecita distribuzione, non funzionano, e dopo un lungo periodo di abbandono debbono ritenersi inservibili. A tutto ciò si aggiunga che, essendo questo Padiglione Napoli addetto a servizi diversi: infermi, pazzi e finti pazzi, appellanti, diffinitivi, stranieri ecc, ne deriva una confusione ed un pandemonio, che fanno rassomigliare questo locale ad una bolgia dantesca. Gridano i pazzi e gridano di più i finti pazzi; gridano i detenuti per chiamare gli agenti di servizio per i loro bisogni, non essendo in questo carcere alcun segnale di avviso per chiamare gli Agenti di custodia, gridano gli Agenti per impartire ordini e disposizioni da un piano all’altro, dal [pag 8°] pianterreno al 4° piano e viceversa! Ne risulta tale un frastuono continuato, che non già un infermo nelle mie disgraziate condizioni, che avrebbe bisogno calma e tranquillità, ma un uomo sano e dai nervi di acciaio finirebbe per perdere la sua salute e la sua resistenza. A queste condizioni di cose lo esponente ha accennato sommariamente per far rilevare come sia impossibile che, restando in questo locale, egli possa migliorare ed essere in condizioni di subire l’operazione per cui si è fatto trascinare fin qui ed alla quale, per quanto è in lui, non intende rinunziare, x quale ne possa essere l’esito. Tant’è, per la vita disgraziata, che egli fa da parecchio tempo, la morte non sarebbe che una liberazione. Egli ha semplicemente accennato sommariamente alle condizioni più superficiali di questa sedicente infermeria e non si intrattiene oltre in una descrizione più realistica, per non urtare alcuna suscettibilità, e perché non gli pare occorra di più per dimostrare che le sue condizioni generali qui non potrebbero [pag.9°] che peggiorare.  Si dirà solo, en passant, che non mancano cimici ed altri insetti più schifosi e che non è facile liberarsene.

Chiede pertanto lo esponente che prima di decidere sul di lui rinvio a Turi di Bari, la Ecc.za Vostra voglia disporre il di lui ricovero temporaneo in un Ospedale Civile di questa città, per tentare con più convenienti cure Ospedaliere di metterlo in condizioni di essere operato di ernia. Il ricovero di ammalati anche condannati diffinitivi in Ospedali Civili è una pratica costante, specie per ammalati che debbano subire operazioni difficili e pericolose. Ora la operazione di ernia, che egli richiede e per cui è stato qui trasferito, se non è difficile in sé e per sé, lo diventa per le condizioni generali in cui egli si trova.

Si augura che questo esperimento di cura gli sia concesso, salvo ad essere poi restituito alla Casa speciale di Turi. Che se anche questo, che si è concesso avere ai delinquenti comuni, dovesse a lui venir negato, non gli resta che acconciarsi al destino e morire in pace, riflettendo sui trattamenti speciali, [pag.10] che questo Governo, come tutti i regimi, consente ai condannati politici!

La modestia della persona dello esponente, le gravissime condizioni di salute in cui si trova e che sono state constatate da tutti i sanitari, lo indurrebbero a credere che egli non possa essere obbietto di speciale persecuzione; ma i fatti starebbero quasi a dimostrare il contrario.

Se tali fatti non sono un prodotto del caso, ma di speciale determinazione, il sottoscritto non protesta, né insorge, ma col pensiero rivolto al suo ideale, attende tranquillo la sua fine, sicuro come egli è che, se sarà molto facile avere ragione del suo povero fisico, non sarà del pari così facile avere anche ragione del grande ideale pel quale egli finisce la sua vita in una prigione, senza cure e senza conforti!

In fine, e pel caso non gli si voglia concedere il ricovero temporaneo in un Ospedale civile, prima di essere rinviato a Turi, insiste nel chiedere l’autorizzazione di essere visitato da uno specialista [pag.11°] per malattie interne, per avere lo stesso indicato il sistema di cura più confacente per attenuare i mali derivanti dall’insufficienza mitralica e dalla nefrite cronica.

                                                 Con la dovuta osservanzafirma Lo Sardo

                                                    Il condannato politico

                                                    Lo Sardo Francesco

 

dal Carcere di Poggioreale li 2 Maggio 1931.

direttore carcere

 

*Franca Sinagra Brisca ha insegnato nella scuola statale del Triveneto e della Sicilia. Laureata a Padova, si è dedicata ad approfondimenti culturali e ad attività come ambientalismo, antifascismo, al tema donne e politica presso l’Università di Messina. Ha allestito la Sala-Museo Francesco Lo Sardo a Naso. Giornalista pubblicista, vive da molti anni a Capo d’Orlando.

Le prime opere Nebrodi ric’amati e Pietre pomici sono pubblicate on line, come pure i saggi Francesco Lo Sardo, un figlio dimenticato e Francesco Trassari, poeta in ombra. Ha pubblicato recentemente Memorie di guerra e di pace con E. Giuffré; due opuscoli Proverbi e sapori di libertà e Francesco Lo Sardo, un nasitano a Messina. (Da http://www.pungitopo.com/storia1.html)