Omero

ALLINEANDO VERSIImmagine

a cura di Sebastiano Saglimbeni

E c’è chi dallo sfatto corporale, 
allineando versi, si allunga 
e si illude.

 

I

Raccontami, o dea, di quel Pelide  Achille  l’ira

mortale che  non poche angosce agli Achei infisse…

Eterna  Ispiratrice, raccontami di quel callido uomo… (Omero)

II

(…)  La luce artefice di tutto, il fuoco,

il fiore tuo, egli l’ha rubato

e l’ha donato ai miseri mortali….(Eschilo)

III

(…) Dolce sorella del mio sangue, Ismene,

quale tra le sventure provenienti da Edipo,

sai che il re degli dei non compirà, noi vive?… (Sofocle)

IV

(…)Vedo che già dalla magione stanno per sortire

gli ospiti, con le offerte… (Euripide)

V

Non riesco ad intendere

questa rabbia eolica. Il mare

tempestoso, le onde d’ogni parte

si accavallano. Si rischia la rovina.(Alceo)

VI

Gli astri accanto alla splendida luna 

coprono il viso sfolgorante

quando, piena di luce,

si espande per il globo. (Saffo)

VII

(,,,)  Su corpi estinti di fanciulli, corpi senza anima di genitori, 

non pochi, avresti potuto vedere, e viceversa, figli

lasciare la vita sulle madri e sui padri. (Lucrezio)

VIII

(…)  E pure le parole che ora seminiamo

il tempo nella sua rapina

ha già portato via….(Orazio)

IX

(…) Nessuna salvezza in guerra: tutti ti chiediamo pace. (Virgilio)

X

(…) Allora i versi del sublime Lucrezio

      saranno destinati a morire quando un solo

     giorno distruggerà la terra… (Ovidio)

Più non intese il sovrano volgo                 

il lessico latino armonioso 

e fu la volta del dire volgare.

XI

Se pareba boves, alba 

pratalia araba, albo

versorio teneba, negro

semen seminaba. (Indovinello di Verona)

Ed altre note del volgare  si colgono ancora,

come le stridenti della Carta  capuana.

                          

In terra di Trinacria, in Panormo, la Scuola dei Poeti.

ed uno di  Lentini, per prima, vergò,

il sonetto, quattordici versi in rima.

XII

Io m’aggio posto in core a Dio servire,

com’io potesse gire in paradiso,

al santo loco ch’aggio audito dire,

u’ si manten sollazzo, gioco e riso.

Senza  mia donna non vi vorria gire… (Iacopo da Lentini)

E si affinò il volgare,

si appellò dolce Stil novo.

XIII

Perch’i’ no spero di tornar giammai,

ballatetta, in Toscana,

va’ tu leggera e piana… (Cavalcanti)

XIV

“ Vergine madre, figlia del tuo Figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d’eterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore

non disdegnò di farsi sua fattura”….(Dante)

 

Poi dopo il “ghibelin  fuggiasco”

una dovizia di versi, poco studiati,

del  Machiavelli, del Tasso e dell’ Ariosto

e d’ altri nei manuali nomati.   

 XV

(…) Un dì vedrete

mendico un cieco errar sotto le vostre

antichissime ombre, e brancolando

penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,

e interrogarle…(Foscolo)

Una ginestra nell’area della dulcis

Partenope al moribondo Giacomo 

dettò eterni versi, solo parlanti

da un confine di nulla  e dalla  morte.  

XVI

Qui su l’arida schiena

del formidabil monte

sterminator Vesevo,

la qual null’altro allegra arbore né fiore,

tuoi cespi solitari intorno spargi,

odorata ginestra……

E tu, lenta ginestra,

che di selve odorate

queste campagne  dispogliate adorni,

anche tu presto alla crudel possanza

soccomberai del sotterraneo foco,

che ritornando al loco

già noto, stenderà l’avaro lembo

su tue molli foreste…(Leopardi)

XVII

Già le destre hanno strette le destre;

già le sacre parole son porte:

o compagni sul letto di morte,

o fratelli su libero suol… (Manzoni)

XVIII

–  Italia, Italia –  E il popolo de’ morti

surse cantando a chiedere la guerra

e un re a la morte nel pallor del viso

sacro e nel cuore

trasse la spada. Oh anno de’ portenti,

oh primavera de la patria…(Carducci)

XIX

(…)Meglio venirci con la testa bionda,

che poi che fredda giacque sul guanciale,

ti pettinò co’ bei capelli ad onda

tua madre… adagio per non farti male…(Pascoli)

XX

I miei carmi son prole

delle foreste,

altri dell’onde,

altri delle arene,

altri del Sole,

altri del vento dell’Argeste.

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.

Ora in terra d’Abbruzzi i miei pastori

Lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendon all’Adriatico selvaggio

che verde è come i pascoli dei monti… (D’Annunzio)

XXI

Un’intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

non sono stato

tanto

attaccato alla vita.(Ungaretti)

XXII

Tu non ricordi la casa dei doganieri

sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:

desolata t’attende dalla sera

in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri

e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura

e il suono del tuo riso non è più lieto:

la bussola va impazzita all’avventura

e il calcolo dei dadi più non torna.

Tu non ricordi; altro tempo frastorna

la tua memoria; un filo s’addipana…

Tu non ricordi la casa di questa

mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. (Montale)

XXIII

Ove sull’acqua viola

era Messina, tra fili spezzati

e macerie tu vai lungo binari

e scambi col tuo berretto di gallo

isolano. Il terremoto ribolle

da tre giorni, è dicembre d’uragani

e mare avvelenato…

Questa è memoria di sangue

di fuoco, di martirio,

del più vile sterminio di popolo

voluto dai nazisti di Von Kesserling

e dai loro soldati di ventura

dell’ultima servitù di Salò

per ritorcere azioni di guerra partigiana.

I milleottocentotrenta  dell’altipiano

fucilati ed arsi

da oscura cronaca contadina e operaia

entrano nella storia del mondo

col nome di Marzabotto…(Quasimodo)

XXIV

(…)Fra gli ulivi non c’è pace

dove gli aranci gonfiano le ali di miele

gli alberi piangono coperti di sangue

la malinconia d’Italia  è polvere di pergamene

la sua maledizione nuova è la peste degli anni… (Roversi)

XXV

(…)Il corifeo della libertà

l’abbiamo scacciato

ma i suoi amici ai nostri banchetti

ci parlano di estremismi.

Si può credere ad una fede

non ad una verità? (Gabanizza)

ottobre 1962

XXVI

(…) Quanta città ferma e sorda in costante Morgue

insensibile come un cadavere sul lido della verità e della giornata

rigida e vecchia ma astuta sulla nostra  ansia di scoprire…(Tomiolo)